venerdì 26 novembre 2010

Fumo sigarette spente (seconda parte)

Perchè aveva ragione chi aveva detto che quando finisci un film è una sensazione a suo modo terribile. Sai che quelle persone con cui hai condiviso spazi, tempi, pause, lavoro, fatica, gioia, frustrazione, sonno, risvegli, molto probabilmente non le vedrai più. E quasi sicuramente non le vedrai più con quell'intensità obbligata di quando ci hai lavorato insieme. 


Già mi mancano, un po' tutti loro. Qualcuno è già pronto a ripartire per altri progetti, qualcun altro andrà in vacanza. Ogni volta ciascuno di noi non è più lo stesso. Perchè ci portiamo pezzi di tutto ciò che è passato tra i giorni di lavorazione. Un lavoro che ci attraversa la vita e la rende diversa da quella degli altri. La diffidenza iniziale, la confidenza che giorno dopo giorno diventa un collante comune che abbatte le barriere, e un gruppo di lavoro diventa un grande clan dove le tensioni scorrono sotterranee, ogni tanto qua e là esplode il focolaio di una discussione o di un aperto litigio, ci si lamenta, ci si affatica, si rincorrono obiettivi che forse fuori da qui non avrebbero nessun senso, si sente crescere il lavoro che a Milano era solo un'idea sulle pagine della sceneggiatura, gli attori si muovono davanti ad una macchina da presa che si avvolge su di loro...e quanto si ride, dio mio quanto si ride.
Nelle pause forzate, nei tempi morti, in scena, in riunione, a pranzo, appoggiati ad un furgone, appena fuori dalla sartoria, seduti a fumare sulla sedia del regista, il mattino all'alba quando è tutta un'epidemia di occhi gonfi e occhiali da sole, in notturna sotto la pioggia finta che più di una volta finisce per bagnare anche noi.


Mi manca già tutto questo. Vorrei tornare indietro a fare un ultimo giorno di produzione. Solo uno, poi salgo in macchina e vado via, nemmeno lo strazio di veder smontare il set.


Fumo sigarette spente imitando l'attrice che non ha mai fumato in vita sua e si esercita a non fare la figura della cretina. 


Guardo il regista che porta per mano i suoi personaggi fino a che non saranno abbastanza forti per camminare da soli e andare incontro al pubblico.


Leggo il piano di produzione e vedo i tecnici che sbuffano perchè non hanno abbastanza tempo a disposizione per fare il proprio lavoro con la calma necessaria.


Accendo un televisore di servizio e vedo un pezzo dell'ultima puntata di un telefilm. Mi chiedo come sia andata a finire su quel set quando si è spento tutto.


Ripartiamo dall'ultimo autogrill prima del casello. Qualcuno ha telefonato a casa, qualche moglie aspetta il ritorno del marito, qualche amico aspetta racconti avventurosi, un uomo che si è improvvisato sia mamma che papà aspetta il ritorno della sua compagna...Qualcuno di noi propone una cena di rimpatriata.


Sono gli ultimi cinquanta chilometri di questa troupe. Sono sinceramente commosso. Mi dico che in fondo è stato solo un film.

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