domenica 15 maggio 2011

RECENSIONI di SALA: "Come l'acqua per gli elefanti"

“Un elefante indiano con tutto il baldacchino/ l’avevo nel giardino e l’avrei dato a te/ ma i patti erano chiari un elefante a te/ e tu dovevi dare un gatto nero a me…”. Ebbene si, le reminescenze infantili dello Zecchino d’Oro si sono accese alla vista di “Come l’acqua per gli elefanti” soprattutto perché anch’io avrei scambiato un gatto nero per un elefante da tenere in giardino (quando sei piccolo le domande riguardo a quanto costa mantenere un animale di grandi dimensioni neanche ti sfiorano). Senza contare che l’elefantessa risulta l’elemento più interessante di un film che vorrebbe essere uno straziante melò ma sbaglia completamente il tono della rappresentazione, che risulta senza emozione e poco credibile. Inoltre l’ambientazione circense avrebbe potuto indurre il regista alla ricerca di un tono più barocco, sottolineando i lustrini, le paillets e il cerone che nascondono la miseria e la putrescenza (in fondo il film è ambientato negli anni più duri della Grande Depressione Americana). La presenza di Robert Pattinson, poi, dimostra quale fosse l’idea sottesa ad una produzione del genere: prendiamo un best-seller di grido e ci mettiamo l’idolo delle ragazzine per fare soldi, previsione che purtroppo non si è avverata. Pattinson non ha lo spessore né il fascino per reggere un personaggio da “bello e tormentato” (ennesima variazione del “bello e dannato” dei giovani attori dopo James Dean) e si trova a confrontarsi con due partners attoriali con molti più anni e molta più esperienza di lui (i dieci anni di differenza fra lui e la Whiterspoon sono molto evidenti). Insomma alla fine, io sono pronta, ho un gatto nero, chi si fa avanti con l’elefante? (Cecil)

martedì 10 maggio 2011

Nessuna notizia da Roma (quarta ed ultima parte)

Isa dice che nella vita ci vuole culo e che in alternativa ti tocca patire, Laura ogni tanto crede che basterebbe essere solo un po' puttana, Rio è sfiduciato, Roque se ne frega e gli altri non lo so.

So, però, che quando ho conosciuto te ho pensato che potesse essere la volta buona per provare a vincere la diffidenza. Ci piacevamo, stavamo così bene insieme.
Mercoledì avevi il magone a vedermi partire.
Oggi è domenica, sono a Milano, sto per prendere il treno del ritorno. E' quasi mezzanotte e non ho nessuna notizia da Roma.

Penso che la solitudine sia l'unica vera condizione esistenziale di partenza.

martedì 3 maggio 2011

Nessuna notizia da Roma (terza parte)

Prendiamo stipendi da fame e ce la giochiamo sul filo della sopravvivenza. I più fortunati di noi hanno un'automobile, qualcuno un'ambizione. Entrambi sono mezzi per andare avanti. Quasi nessuno ha una situazione sentimentale stabile. Il precariato professionale ed esistenziale ci ha rotto le palle. Comunque, a proposito della distanza. Rio lavora in un negozio di giocattoli, uno di quelli per i bimbi piccoli piccoli, non c'entra niente con quello che ha studiato, ma al netto della crisi siamo d'accordo sul fatto che questo sia l'ultimo dei problemi. I clienti del negozio di Rio sono principalmente famiglie: coppie giovani con bambini appena nati, coniugi sposati da anni con figli quasi adolescenti, insomma quel mercato lì. La struttura tipica della società italiana.
E allora succede una cosa.
Rio osserva queste persone e la sera, quando torna a casa e magari siamo tutti lì da Roque, vero punto di convergenza del gruppo che si sparpaglia nelle zone più disparate della città, ci racconta i clienti che ha incontrato durante la giornata. E a quel punto ci chiediamo dove siano e se ci siano mai stati, per queste persone, sms senza risposta, telefonate che non arrivano, inviti rimangiati o rinnegati strategicamente, e insomma prese in giro di ogni tipo, fantasiose ed arroganti, dichiarazioni sentimentali frettolosamente ritrattate eccetera eccetera eccetera.

and make us accept we tend to lose.

RECENSIONI di SALA: "Cappuccetto rosso sangue"

La più freudiana della fiabe, con il lupo che mangia la bambina innocente. Metafora scabrosa usata per i bambini, invertita qui nel senso, dove il lupo lo si teme, ma al contempo lo si desidera. Il fascino del proibito, gestito dalla signora Hardwick di “Twilight”, che di coppie strane in biblico fra passione e paura, se ne intende parecchio. Primo tentativo di una Hollywood che si butta sulla fiaba per sfruttarne i lati più dark (in arrivo, oltre ad una Bella e la Bestia stile college-movie, anche Biancaneve e Hansel e Gretel in versione cacciatori di streghe), è un interessante esperimento che coniuga le crinoline con un assaggio di cinema horror. Tutti i passaggi più famosi della storia, dallo scenografico cappuccio rosso, che risalta sulla neve candida, alla nonna che abita da sola nel bosco, agli occhi, le orecchie e la bocca grande, sono sfruttati a dovere, in un contesto narrativo che usa che la celebre fiaba di Perrault come pretesto. Una Cappuccetto forse fin troppo intraprendete e caparbia si barcamena tra omicidi efferati, una famiglia allo sfascio, un matrimonio combinato e il richiamo del pericoloso vero amore. Se a tutto questo aggiungi l'arrivo nel piccolo e soffocante borgo disperso nei boschi di un celebre cacciatore di licantropi, che usa metodi da Inquisizione, si capisce che il celebre avviso di non fermarsi nel bosco a parlare con gli sconosciuti risulta più che mai inutile. Anzi, forse sono proprio gli sconosciuti che non devono fermarsi a parlare con lei.  (Cecil)