mercoledì 30 marzo 2011

La cosa giusta (seconda parte)

Aldo ha tenuto i mercati solo a Milano, giusto il tempo di decidere. Il resto del Nord Italia l’ha lasciato perdere. Dopo qualche mese ha venduto la licenza e ha litigato con Silvana.

Giovanni ha tenuto la casa di Vimercate così com’era, senza aggiungere il piano in più.

Giacomo è riuscito a fare molti più turni di notte, per un anno e mezzo. Quando arrivava in reparto, che il più delle volte era tranquillo, guardava per ore la corsia vuota e pensava a dei pezzi che potessero funzionare. Dei tre è stato il più difficile da convincere. Quando ha capito che con Aldo e Giovanni le cose stavano diventando serie, ha deciso che era arrivato il momento di lasciare l’ospedale. A Natale esce il loro prossimo film. Aldo e Silvana poi hanno fatto pace.

Isabella è andata via da Bologna.

Davide è andato a Bologna. Poi è tornato a Milano. Adesso va molto spesso a Roma.

Marco la casa l’ha venduta.

Gloria, degli amici a Parma, li ha anche trovati. Il mese scorso però ha dovuto trasferirsi a Modena.

Lo show in prima serata di Paola ha avuto indici di ascolto ottimi, considerato che è andato in onda su Rai Tre.

Maddalena si è ripresa la quota associativa dello studio e ride ancora di sottecchi, quando ripensa a quella mattina sul treno. La casa in provincia di Roma però non l’ha venduta, ci va ogni tanto nei fine settimana, soprattutto in primavera e a Pasqua.  A suo marito ed ai suoi figli piace sempre tanto.

Sergio continua a scrivere articoli da free lance per il giornale e le tre volte la settimana alla Feltrinelli di Piazza Piemonte sono diventate quattro. Quando accende il computer, sul treno o a casa a notte fonda, la soddisfazione di scrivere a oltranza ed isolarsi è sempre la stessa.

Renata è tornata a Firenze e basta con il resto.

Gianluca ha accettato la delocalizzazione aziendale, fa sempre su è giù da Roma, guarda dal finestrino distrattamente e sconsolato e riesce a rendersi sempre più odioso al mondo intero. Sua moglie Luciana dice che forse gli sta venendo un esaurimento nervoso.

Francesco ha girato il film, nei cinema d’essai è andato proprio bene. Con la Rai farà una fiction in sei puntate.

Giusy non ha avuto le approvazioni del consiglio di amministrazione. Per un attimo ha seriamente pensato di lasciare l’incarico.

Andrea non ha più risposto a nessuna mail di Roberto perché non ne ha più ricevute.

Fiorenza ha ancora il suo mal di pancia nervoso e probabilmente ce l’avrà sempre, però almeno adesso non vomita più.

Francesca ha comprato l’albergo e fattura che è una meraviglia.

Adele ospita sua figlia Renata da un po’ di tempo. Ce ne vorrà ancora un po’ per sistemare del tutto le cose. Lì a Firenze, Adele e Renata hanno guardato insieme tutte le puntate di uno show in prima serata di Rai Tre. L’hanno trovato molto divertente.

Emanuela abbina ancora il maglione blu alla collana gialla e ancora non ha bisogno di trovare una cosa giusta a cui dedicarsi in particolare.

Per me era amarti. Non hai voluto.

giovedì 24 marzo 2011

La cosa giusta. (Prima parte)

Per Aldo era portare l’attività ai mercati del Nord. Milano come punto di partenza e poi tutta la Lombardia, qualche volta in Piemonte, ogni tanto un giro in Veneto.
Per Giovanni era alzare di un piano la casa di Vimercate.
Per Giacomo riuscire a fare più turni di notte. Tanto di notte il reparto è tranquillo, per lo più i pazienti dormono. E poi l’ospedale di notte gli piaceva, diceva che aveva fascino. Strano, ma sempre di fascino si trattava.
Per Isabella era andare via da Bologna.
Per Davide era andare a Bologna.
Per Marco era ristrutturare quella casa.
Per Gloria trovare nuovi amici a Parma.
Per Paola riprovare con uno show in prima serata.
Per Maddalena, ridendo di sottecchi sul treno, vendere quella casa in provincia di Roma e riprendersi la quota associativa dello studio.
Per Sergio era continuare a scrivere articoli da free lance per il giornale e tre volte la settimana scaffalare libri alla Feltrinelli di Piazza Piemonte. Però la soddisfazione di accendere il computer sul treno, scrivere ad oltranza ed isolarsi, lo ripagava della fatica e della frustrazione.
Per Renata tornare a Firenze e basta con il resto.
Per Gianluca accettare la delocalizzazione aziendale e fare in continuazione su e giù da Roma, guardare dal finestrino distrattamente e sconsolato e rendersi odioso al mondo intero.
Per Francesco era provare comunque a girarlo, quel film. Anche senza i soldi di Rai Cinema.
Per Giusy l’approvazione dei pareri contabili e delle proposte commerciali al prossimo consiglio di amministrazione.
Per Andrea non rispondere più a nessuna mail di Roberto.
Per Fiorenza smettere di avere il mal di pancia nervoso.
Per Francesca sfidare la crisi e comprarlo, quell’albergo.
Per Adele era aspettare sua figlia Renata alla stazione di Firenze e starle vicina per il tempo che sarebbe venuto, anche se tutti dicono che sia una donna arcigna. Saranno i capelli bianchi tagliati corti.
Per Emanuela, maglione blu fino alle ginocchia e lunga collana gialla, non c’era una cosa giusta in particolare.
Per me era amarti.

domenica 20 marzo 2011

INTRODUZIONE. Avviso ai naviganti.

E così, ci siamo. Il debutto. Curo l'idea di aprire un blog ormai da qualche mese. Adesso è pronto, più vicino alle mie aspettative di quanto immaginassi. Chi avrà voglia di fermarsi qui troverà storie, parole, racconti. La mia ambizione è trasformare questo spazio in un incrocio multimediale sempre più vario. Mi piacerebbe aggiungere cose da sentire e anche da vedere. Mi piacerebbe trasformare, giorno dopo giorno, questo spazietto potenzialmente esplosivo in una specie di vetrina, di piazza dove le persone leggono, guardano, ascoltano quello che succede e commentano, apprezzano, dissentono.
Insomma, un punto di contatto, di dialogo e di incontro. Darsi la possibilità di dire qualcosa e suscitare risposte, o nuove domande. Portarsi via anche solo una suggestione.

Le idee sono tante, le aspirazioni pure. Chissà come sarà questo spazio anche solo tra un mese. Per adesso inizio con le parole, se le altre intenzioni diventeranno stato di fatto, si vedrà.

C'è un indirizzo email, subito sotto il titolo: momentostoricopocofavorevole@gmail.com. Se volete, fatevi sentire da lì.
Tutto il resto potete leggerlo. A partire da Ora.

Dave

sabato 19 marzo 2011

Figlio della città. (Quarta parte)

Bruno, brutto stronzo, devi tornare, smettila di fare il prezioso e svegliati, perché adesso lo so, adesso il senso di tutto l’ho trovato, adesso sento che sarò capace di trovare un equilibrio e di non sentirmi crollare addosso tutte le mie infelicità.
E adesso ha cominciato a piovere, passano pochi secondi e si sente scrosciare, e lo sento bene, la pioggia sta puntellando questo vecchio ospedale e forse sfonderà il soffitto, e l’acqua ti bagnerà e ti sveglierà.
Bruno non te puoi andare, perché se non ti svegli questa è l’ultima volta che ti vedo, non pensare che verrò al tuo funerale, io verrò soltanto quando mi diranno che sei uscito dal coma. Perché ti devo raccontare di questa grande scoperta che ho fatto oggi pomeriggio, e così io e te guariremo le nostre ferite, e finalmente troverai il coraggio di spiegarmi cosa ti faceva male ed io troverò il coraggio di chiedertelo.
Bruno mi dispiace tanto ma adesso ti devo lasciare la mano e riappoggiartela sul letto, perché il tempo qui è scaduto e tua madre sta già mettendo il camice per entrare. Perché anche lei ha bisogno di te. Perché tutti abbiamo bisogno di tutti e ti prego, fai in modo che non me ne sia reso conto troppo tardi.
Mi mancherai, Bruno. Mi mancherai mentre tra poco salirò in metropolitana, mi mancherai stasera quando riprenderò in mano la chitarra dopo chissà quanto tempo e proverò a scrivere quella canzone che dovevamo fare insieme, mi mancherai stanotte mentre cercando di dormire mi tornerà in mentre la tua faccia serenamente incosciente, mi tornerai in mente tu che non hai minima idea di tutto quello che ho pensato e su cui ho pensato, in questo pomeriggio, in questa stanza, del triste reparto di terapia intensiva.
Ciao Bruno. 

(Luglio 2002)

martedì 8 marzo 2011

Figlio della città (terza parte)


Bruno, perché non torni? Ti sta aspettando un sacco di gente, sono tutti qui per te, si danno il cambio, il giorno, la notte, non ti lasciano solo un attimo. Bruno, ti guardo e sembra che tu stia sorridendo, anche se hai un tubo che ti entra in bocca e mi vengono le lacrime a pensare che qualcuno ti abbia costretto a questa tortura. Come fai a sopportare quella roba in bocca, non ti basta quel tubo a darti la voglia di alzarti, staccartelo di dosso e andartene?
Bruno non verrò a trovarti un’altra volta, perché non riuscirò a dimenticare presto il senso di disperazione che c’è qua dentro, perché siamo due infelici, e no, basta, non voglio pensarci ancora, perché ho deciso che voglio cambiare e lasciare che tutto questo male che ho dentro se ne vada. Perché me lo devo. Perché fino ad ora non ho fatto che piangermi addosso. Perché sto male ma in fondo mi crogiolo nel mio dolore, e sai, quasi adesso mi viene da ridere a parlare di dolore, perché non ne ho il diritto, perché non mi posso permettere di avere il dolore di vivere, perché è una bestemmia, perché se sono qua ci sarà un perché. Bruno, cazzo, se tu fossi sveglio te lo direi, vorrei abbracciarti e stringerti per ringraziarti, e piangere di liberazione, perché è vederti su quel letto ad un passo dalla morte che mi dice che non è giusto, che in realtà siamo talmente viziati e non abbiamo bisogno più di niente e allora ci sembra di non avere più niente, di essere sperduti, di essere soli. Siamo solo fragili Bruno, io e te, anche se pensavo di no, siamo ugualmente fragili, ma non deboli.
E mi fa male, questo sì, pensare che per trovare il coraggio di guardarmi in faccia ho dovuto aspettare che tu finissi in questo stato. Peccato, Bruno, peccato, stringi, stringimi la mano, stringimi questa maledetta mano e dì a tua madre di smetterla di piangere e anche a Beatrice, perché quando piange si rovina quel viso splendido.