martedì 22 febbraio 2011

Figlio della città (prima parte)

Bruno. E pensare mi fa male. E pensare che ti hanno raccattato fuori dalla discoteca accasciato contro una macchina, che un’ambulanza ti ha portato qua dentro nel cuore della notte, forse dormivo e forse sognavo, o forse ero in un sonno spento e senza sogni, chimico, farmacologico, quello in cui tu sei ora, ora che stai dormendo, ora che qui dicono che sei in coma. Mi fa male. Mi fa male qui, allo stomaco, e forse ho una gastrite, e adesso è la mia ipocondria che sta parlando. E adesso ho dentro un’angoscia che mi opprime, e adesso ho paura, perché ti sei calato troppo, eri ubriaco, eri fuori, che cazzo eri?, e dicono che se ti risveglierai sarà un miracolo, e che potresti risvegliarti chissà come. Magari non ricorderai più niente, non riconoscerai più nessuno, nemmeno me. O forse non ti sveglierai…ed io perderò uno dei miei pochi quasi inesistenti amici. Bruno, dove cazzo sei finito? Che cazzo ti è venuto in mente? Ti prenderei a calci, ti riempirei di sberle, perché hai sempre avuto tutto, hai una famiglia spettacolare, hai una ragazza divina, hai la media del ventotto,…che cosa ti manca? Qual è il tuo vuoto? Che cosa ti spaventa? Ma non mi risponderai mai, perché anche se ti risveglierai non avrò mai il coraggio di farti queste domande, perché mi sentirò ancora una volta inopportuno, e resterò da solo ancora una volta, ancora una volta. Bruno riesci a farmi invidia ancora una volta…come sono ripetitivo oggi,…si vede che cinque anni di liceo classico mi sono serviti davvero a poco…ti invidio perché su quel letto vorrei esserci io e far capire a tutti che mi sento solo, e che ha ragione mio fratello. Ho diciannove anni e sembra che ne abbia novanta, e mi sembra sempre tutto così difficile, io non mi sento mai pronto per niente.