sabato 19 marzo 2011

Figlio della città. (Quarta parte)

Bruno, brutto stronzo, devi tornare, smettila di fare il prezioso e svegliati, perché adesso lo so, adesso il senso di tutto l’ho trovato, adesso sento che sarò capace di trovare un equilibrio e di non sentirmi crollare addosso tutte le mie infelicità.
E adesso ha cominciato a piovere, passano pochi secondi e si sente scrosciare, e lo sento bene, la pioggia sta puntellando questo vecchio ospedale e forse sfonderà il soffitto, e l’acqua ti bagnerà e ti sveglierà.
Bruno non te puoi andare, perché se non ti svegli questa è l’ultima volta che ti vedo, non pensare che verrò al tuo funerale, io verrò soltanto quando mi diranno che sei uscito dal coma. Perché ti devo raccontare di questa grande scoperta che ho fatto oggi pomeriggio, e così io e te guariremo le nostre ferite, e finalmente troverai il coraggio di spiegarmi cosa ti faceva male ed io troverò il coraggio di chiedertelo.
Bruno mi dispiace tanto ma adesso ti devo lasciare la mano e riappoggiartela sul letto, perché il tempo qui è scaduto e tua madre sta già mettendo il camice per entrare. Perché anche lei ha bisogno di te. Perché tutti abbiamo bisogno di tutti e ti prego, fai in modo che non me ne sia reso conto troppo tardi.
Mi mancherai, Bruno. Mi mancherai mentre tra poco salirò in metropolitana, mi mancherai stasera quando riprenderò in mano la chitarra dopo chissà quanto tempo e proverò a scrivere quella canzone che dovevamo fare insieme, mi mancherai stanotte mentre cercando di dormire mi tornerà in mentre la tua faccia serenamente incosciente, mi tornerai in mente tu che non hai minima idea di tutto quello che ho pensato e su cui ho pensato, in questo pomeriggio, in questa stanza, del triste reparto di terapia intensiva.
Ciao Bruno. 

(Luglio 2002)